La credibilita' della certificazione medica prodotta dal lavoratore puo' venire meno ogni volta che esistano elementi di fatto capaci di dimostrare l'inesistenza della malattia o, comunque, la sua inidoneita' a impedire la prestazione lavorativa. Il certificato medico, quindi, non basta ad attestare l'esistenza della malattia del lavoratore in presenza di altri elementi oggettivi. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17113/16, ritorna (n. 6236/01 e n. 25162/14) sulla questione della valenza che assumono i certificati medici quando il dipendente tiene una condotta palesemente incompatibile con la malattia accertata dal medico curante. La causa riguardava un lavoratore licenziato per simulazione fraudolenta dello stato di malattia. Il licenziamento era stato intimato in quanto l'azienda aveva accertato che aveva compiuto una serie di azioni e movimenti incompatibili con la lombalgia dichiarata. Il datore ha facolta' di investigare sulle condotte del dipendente estranee allo svolgimento della prestazione lavorativa, se queste possono incidere negativamente sul corretto adempimento della stessa. Il datore, quindi, puo' incaricare un'agenzia investigativa di seguire il dipendente assente per malattia allo scopo di verificare se la certificazione medica inviata per motivare l'assenza sia attendibile oppure no, anche se non c'e' la certezza di un illecito, ma esiste solo un semplice sospetto circa la commissione di atti non regolari. Il controllo spetta direttamente al datore e ai suoi collaboratori (es. agenzia investigativa) e non puo' essere delegato a soggetti esterni.